Pentimento
Autore Dr.Vladimir Antonov
Traduzione di Tatiana Baldi
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Giovanni Battista iniziava le sue omelie predicando la necessità
di purificarsi attraverso il pentimento (Matteo, 3:2-6). Era una novità per il
suo pubblico: a quel tempo i giudei avevano un modo molto particolare di
“liberarsi dai peccati”. Una volta l’anno, al tempo della Pasqua, essi
trasferivano simbolicamente i loro peccati dentro a degli agnelli. Poi
uccidevano questi agnelli-“peccatori” come “offerta a Dio” e mangiavano i loro
corpi.
Ovviamente, tale assurdità non faceva che aumentare la loro
colpa agli occhi di Dio.
No, i propri peccati non possono essere trasferiti su qualcun
altro. Solo la stessa persona può lavarseli di dosso con un sincero pentimento.
È il pentimento che segue una sincera autocritica, ad essere il
principale purificatore di un’anima.
Dio ci “pasce” costantemente come Suo “gregge di pecore” (Gesù
usò spesso quest’allegoria) su “pascoli” in Terra. Vuole renderci perfetti,
cosicché diventiamo degni di arricchirLo. E non ci abbandonerà mai, non importa
se vogliamo conoscerLo o no, se lo amiamo o no, se ci sforziamo di diventare
perfetti e unirci a Lui o no.
Avvicinarsi a Lui facendo sforzi d’auto-perfezionamento porta
vera beatitudine al cercatore. I primi contatti con Lui sono particolarmente “pungenti”.
Sempre più lunghi periodi d’unione con Lui portano la più suprema beatitudine.
Questa è la più gran ricompensa per il cercatore che cammina sul sentiero della
ricerca spirituale.
Ma se non obbediamo al Suo Volere, se andiamo nella direzione
opposta, ci condanniamo alla sofferenza. Queste sofferenze sono la “ricompensa”
per la disobbedienza.
E la prima cosa che possiamo fare per salvarci dalla sofferenza
è pentirci.
I neofiti in campo religioso (per i quali Dio non è Realtà
Vivente, ma una qualche entità astratta) potrebbero naturalmente domandare: come
dobbiamo pentirci?
Per esempio, le chiese cattolica e russa ortodossa insistono che
ci si può confessare solo a un prete. Ed è solo dinanzi ad un prete che si può
ottenere la “remissione dei peccati”.
La verità è che in realtà non c’è alcuna “remissione dei peccati”.
È un approccio sbagliato al problema. Il problema del pentimento deve essere
considerato più seriamente — come sbarazzarsi dei vizi, e non come implorare
perdono. Di conseguenza, il meccanismo del pentimento deve essere differente.
Il rito religioso sopra menzionato è adatto solo per bambini,
principianti e adulti facilmente influenzabili.
In alcune chiese protestanti, il meccanismo della penitenza è
organizzato molto meglio. Dopo le necessarie preparazioni, i credenti si pentono
dinanzi al Dio Vivente, senza intermediari. La solennità della situazione e la
preghiera della congregazione contribuiscono ad aumentare d’intensità l’emozione
del pentimento.
Ma non tutte le persone hanno accesso a tali comunità o a
consiglieri spirituali veramente saggi, che sanno spiegare di cosa ci si deve
pentire e come. Quindi ora discuteremo le basi del lavoro penitenziale compiuto
su se stessi.
Prima di tutto, si devono comprendere gli elementi fondamentali
della filosofia religiosa: cosa è Dio, cosa è l’Evoluzione, qual è lo scopo
della vita. Partendo da ciò, diventa chiaro perché dobbiamo lavorare su noi
stessi, a quale ideale dobbiamo aspirare, che qualità coltivare e di quali
sbarazzarci, cosa è veramente un vizio e cosa è considerato tale solo dalla
gente e non da Dio. A tal fine, è bene iniziare studiando le parole di Gesù e
imparando a distinguere da esse quello che la gente ha fantasticato in materia
di cristianità. “… Imparate da Me…” (Matteo, 11:29), disse Gesù.
Nei sermoni di alcuni preti ortodossi si sente l’affermazione
che i “10 comandamenti” dati da Dio alla gente attraverso Mosé sono i
“comandamenti di Gesù Cristo”. Se v’imbattete in tali preti, evitatene: non
hanno capito alcunché, ma provano ad insegnare agli altri. In realtà Gesù Cristo
offrì un Insegnamento riguardante a Dio e la Strada per raggiungerLo, che è
molto più profondo dell’intero Vecchio Testamento. Consiste di decine di
precetti-comandamenti.
E un’ultima cosa: se pensiamo che andiamo bene così come siamo,
e che non c’è motivo di cambiare, allora siamo così lontani dal lavoro
spirituale che non abbiamo la benché minima idea di quale sia il suo fine.
Perché chiunque — dai principianti ai praticanti avanzati — possono trovare
spunti per l’auto-miglioramento nell’Insegnamento di Gesù Cristo.
Ora discutiamo l’autoanalisi. Quelli che la gente chiama peccati
non sono l’essenziale. I peccati non sono altro che manifestazioni dei nostri
vizi — peculiarità del carattere, qualità dell’anima. I peccati aiutano a
riconoscere i vizi, ma è contro i vizi che bisogna lottare, non contro i peccati.
E questo non è lavoro di un giorno… rimodellare l’animo rimovendo molte cattive
qualità e instillandocene di buone, richiede ardui sforzi.
Per distinguere meglio un particolare vizio presente in sé
stessi, sarebbe utile rintracciare tutte le manifestazioni di questo vizio che
accaddero in passato — tutti i peccati di questa serie iniziando dall’infanzia.
E quando questo lavoro è compiuto, Dio può dare una possibilità di guardare
nelle proprie vite precedenti, per vedere le radici dei vizi che là ebbero
origine.
Il processo di rivelare i vizi e ricordare determinati peccati
deve essere accompagnato da un pentimento emotivo sincero.
Ma se durante questo processo soffrite emotivamente di
autocommiserazione a causa delle punizioni future, allora siete sulla cattiva
strada.
Non bisogna avere compassione di sé stessi, ma per le proprie
vittime — tutti quelli che si è fatto soffrire fisicamente o emotivamente. Poi
si devono rivivere consapevolmente di nuovo tutte quelle situazioni, ma questa
volta nel modo corretto.
Se è possibile rimediare alle ingiustizie in qualche modo —
anche parzialmente — bisogna certamente farlo. Se chiediamo perdono a Dio
ignorando volontariamente una concreta possibilità di rimediare al male che
abbiamo fatto, non possiamo aspettarci un risultato positivo: perché tale
pentimento non sembra sincero.
Non ci può essere sostituto al lavoro penitenziale. Sperare di
potersi sbarazzare dei vizi attraverso la pratica della meditazione o di vari
metodi “catartici” è un errore. Anche se ad una persona fosse data l’opportunità
di entrare negli eoni dello Spirito Santo, o anche di sperimentare l’Abbraccio
del Creatore, questo non brucerebbe i vizi. Essi rimarrebbero e continuerebbero
a manifestarsi. Quest’affermazione non è un’ipotesi, ma un fatto.
Questo è il motivo perciò vi consiglio di stare alla larga da
metodi come quello di “urlare fuori” i propri vizi (tutto quello che è richiesto
è di urlare forte, in modo volgare e a lungo, possibilmente in compagnia di
qualche compare), e da “dubbi” trucchi di “sbarazzarsi dei vizi” come la
seguente invenzione di un “padre” ortodosso (prima della perestrojka egli fu
istruttore nel comitato regionale comunista); egli predicava: “Uccidete i ragni!
Vi saranno rimessi 40 peccati per ogni ragno che ucciderete!”. È meglio stare
alla larga da tali sciocchi, per non diventare ciechi guidati da ciechi (Matteo,
15:14).
… Come conclusione vi ricordo la cosa principale: la gente va
all’inferno non come conseguenza di cattive azioni, ma perché si è abituata a
vivere in stati infernali della consapevolezza durante la vita terrena.
Il metodo principale e indispensabile per salvarsi dalla futura
dannazione è il pentimento — rintracciare in se stessi i vizi che causano gli
errori (i peccati) — seguito dal sentimento di rimorso. La base per il
pentimento è l’empatia con le vittime del proprio comportamento peccaminoso. Il
vero obiettivo del pentimento non è chiedere perdono per se stessi, ma è di
sbarazzarsi dei vizi.
La seconda direzione del lavoro spirituale è il raffinamento
della consapevolezza. Comincia con la correzione della sfera emotiva:
trattenersi dal provare emozioni grossolane e coltivare quelle sottili e
positive, abituarsi agli stati della consapevolezza paradisiaci piuttosto che a
quelli infernali.
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